Concorso di colpa del passeggero salito sull’auto guidata da una persona ubriaca e deceduto nel successivo incidente
Necessario, però, valutare, in concreto e secondo le circostanze del caso, se ed in che misura la condotta della vittima possa dirsi concausa del sinistro
In materia di risarcimento del danno da incidente stradale, il Codice Civile non consente di ritenere sempre sussistente, in via generale ed astratta, il concorso di colpa del soggetto danneggiato che ha accettato di essere trasportato sul mezzo condotto da una persona in stato di ebbrezza.
Questa la prospettiva tracciata dai giudici, (sentenza numero 21896 del 30 luglio 2025 della Cassazione), i quali, a chiusura del contenzioso originato da un sinistro stradale che, causato dalla condotta imprudente dell’automobilista ubriaco, ha portato alla morte del passeggero, sottolineano la necessità di valutare, in concreto e secondo le circostanze del caso, se ed in che misura la condotta della vittima possa dirsi concausa del sinistro.
Nella vicenda in esame, che come detto ha visto la morte del passeggero presente sull’autovettura guidata da un conducente messosi al volante nonostante l’assunzione di alcolici, morte dovuta allo schianto dell’automobile contro un muro di recinzione latistante la banchina stradale, sul fronte della richiesta risarcitoria avanzata dai familiari della persona deceduta è stata rilevata dalla compagnia assicurativa, prima, e dai giudici di merito, poi, la cooperazione colposa della vittima del sinistro nella produzione del danno, dato che egli aveva accettato di farsi trasportare da un conducente in stato di ebbrezza (tasso 1,89, rispetto a 0,50).
In generale, comunque, l’eventuale concorso colposo del passeggero alla concausazione del sinistro va accertato con giudizio sintetico a posteriori, e non con giudizio analitico a priori, per cui si debbono vagliare, caso per caso: le condizioni della vittima e quelle del conducente; l’entità del tasso alcolemico; le circostanze di tempo e di luogo; la prevedibilità del rischio; l’eventuale concorso colposo di chi si lasci trasportare in automobile da un soggetto in stato di ebbrezza.
Nello specifico, in tema di risarcimento del danno da incidente stradale, la consapevolezza della persona trasportata che il conducente sia sotto l’effetto di alcol o di altre sostanze eccitanti, pur non potendo determinare l’assoluta esclusione del suo diritto alla tutela assicurativa, costituendo una esposizione volontaria ad un rischio – oltre il normale rischio consentito –, è idonea ad integrare una corresponsabilità del danneggiato e a ridurre, proporzionalmente, la responsabilità del danneggiante, ponendosi come antecedente causale necessario del verificarsi dell’evento.
Applicando questa visione alla vicenda in esame, rilevano due dettagli: il passeggero – poi deceduto – aveva accettato di farsi trasportare sull’autovettura guidata da un uomo che si trovava in stato di ebbrezza; il passeggero era consapevole, o comunque poteva rendersi conto della ubriachezza del conducente dell’automobile, anche perché pure lui, la sera del sinistro, aveva abusato di bevande alcoliche, unitamente al conducente dell’automobile.
In sostanza, il passeggero si è esposto consapevolmente, quella sera, ad un rischio oggettivamente elevato e superiore alla soglia del cosiddetto rischio consentito.
Di conseguenza, l’evento dannoso, ossia la morte del passeggero, non si sarebbe verificato se non si fossero realizzati dei diversi antecedenti causali: se il conducente avesse guidato l’auto rispettando le regole del ‘Codice della strada’ e le regole generali di prudenza, e se, a monte, il passeggero si fosse astenuto dal salire in macchina, ben conoscendo o ben potendo conoscere, avendo anch’egli abusato di bevande alcoliche quella stessa sera, , lo stato di ebbrezza in cui versava il conducente. Dunque, proprio il comportamento del passeggero si pone all’inizio della sequela eziologica che si è conclusa per lui con l’evento dannoso più gravoso, cioè la morte.
Tirando le somme, il passeggero – di cui è stato rilevato un tasso alcolemico analogo a quello riscontrato sul conducente, circostanza questa che riconduce l’assunzione dell’alcol ad un momento di comune consapevolezza ed accettazione del rischio fra vittima e conducente –, pur accorgendosi o potendosi accorgere dello stato di ebbrezza del conducente dell’auto, si è tuttavia esposto volontariamente ad un rischio oltre la soglia del rischio consentito, quando è salito sull’auto e non ne ha impedito affatto la circolazione, pericolosa anzitutto per sé oltre che per gli altri, in violazione di norme comportamentali comunemente adottate dalla coscienza sociale oltre che di precise regole del ‘Codice della strada’.